(MILANO / SENIGALLIA) – 1 dicembre, 2022 – Si è da poco concluso il Convegno “Digital Wallet:identity (r)evolution”, un’occasione per riunire professori, ricercatori e analisti italiani e internazionali e affrontare temi chiave in merito all’identità digitale, con particolare attenzione al Digital Identity wallet europeo (EUDI Wallet).
Namirial, che fin dalla prima edizione sostiene il lavoro di Osservatori Digital Innovation della prestigiosa School of Management del Politecnico di Milano, ha presenziato al Convegno assieme al Managing Director International Markets Antonio Taurisano, in qualità di Partner nonché uno dei 10 Identity Provider Accreditati esistenti nel mercato italiano.
Il 2022 è stato un anno particolarmente intenso e incisivo per l’identità digitale, caratterizzato dall’attesa per il nuovo framework elDAS e da un interesse sempre più solido ed evidente da parte dei grandi player internazionali.
Nel settore si sta facendo strada quella che potrebbe essere una vera e propria rivoluzione, spinta anche dal cambio normativo in atto: il mercato dell’identità digitale sta migrando verso il concetto di wallet, che consente di integrare credenziali, certificazioni, pass e altri attributi in un unico strumento nelle mani degli utenti.
L’adozione di SPID
Come riportato dai risultati della dell’Osservatorio Digital Identity della School of Management del Politecnico di Milano, presentata durante il convegno, nel 2022 si è potuto assistere a notevoli progressi in merito all’identità digitale nazionale nel contesto italiano.
Basti pensare che gli italiani in possesso dell’identità digitale SPID hanno superato i 33 milioni, registrando un incremento del 30% rispetto allo stesso periodo del 2021.
I rilasci e gli accessi dell’identità digitale sono in continuo aumento e, a settembre 2022, il Sistema Pubblico di Identità Digitale è risultato essere nelle mani del 63% della popolazione maggiorenne.
Come già emerso lo scorso anno, la distribuzione nella popolazione non è però omogenea né per fasce d’età né per area geografica: tutti i giovani della fascia 18-24 anni sono in possesso di SPID, mentre la situazione è molto diversa tra gli over 75 anni dove meno di 1 su 4 ha attivato la propria identità digitale.
Anche a livello geografico, ci sono molte disuguaglianze: si passa dal record del Lazio, dove il 74% della popolazione ha SPID, seguito da Lombardia (70%) ed Emilia-Romagna, Campania e Piemonte (62%), fino agli ultimi posti di Calabria (54%), Marche (53%) e Molise (con il 52%).
A livello europeo, i sistemi di identità digitale che negli scorsi anni stavano attraversando una fase di rapido sviluppo hanno continuato il processo di consolidamento e diffusione tra utenti e aziende, anche se il ritmo di crescita si sta progressivamente allentando. Analizzando i sistemi digitali non basati su Smart Card, si passa dal 95% della popolazione raggiunto in Olanda con il sistema DigiD, seguito dal 79% in Norvegia e il 78% in Svezia con BankID, fino al 9% raggiunto in Repubblica Ceca con MojeID.
L’Italia, con SPID (54% del totale della popolazione), raggiunge discreti risultati di diffusione, con tassi di crescita paragonabili a quelli del sistema francese FranceConnect (59%) e del belga Itsme (56%).
“L’ecosistema di riferimento della Digital Identity, a livello mondiale, sta attraversando una forte evoluzione verso sistemi di identità digitale sempre più interoperabili e transnazionali” – spiega Giorgia Dragoni, direttore dell’Osservatorio Digital Identity. “Nella direzione di un wallet digitale si stanno muovendo sia soggetti tradizionali, sia le BigTech. Queste ultime iniziano a scorgere maggiori opportunità di business nell’identità sicura e certificata, si propongono come partner tecnologici degli enti istituzionali nei vari Paesi, mettendo a disposizione competenze su interoperabilità e fruibilità dei loro applicativi, oltre al vastissimo bacino di utenti che attualmente già utilizza le soluzioni da loro erogate”.
Gli accessi a SPID
Per SPID prosegue la crescita degli accessi osservata negli scorsi anni, anche se si è ancora lontani da un utilizzo strutturale e quotidiano. Nel 2022 SPID è stato mediamente utilizzato dagli italiani 25 volte l’anno (crescita del 14%), contro le 22 del 2021 e le 9 del 2020. Emerge un utilizzo sempre meno trainato da obblighi normativi, come l’accesso al cashback o al proprio greenpass, e sempre più spinto in modo “organico” da servizi chiave per il cittadino.
Nel 2022 ci sono stati importanti sviluppi anche sul piano normativo. È stato definito il ruolo dei soggetti aggregatori di servizi privati, semplificando il processo di adesione per le aziende da un punto di vista amministrativo e tecnologico. Sono state emanate linee guida per i gestori di attributi qualificati (come albi professionali e università), che potranno certificare qualifiche da integrare nel set di dati presente in SPID.
L’identità digitale nelle aziende
La pandemia ha spinto le grandi aziende a offrire modalità di onboarding (ovvero il riconoscimento da remoto) per garantire continuità di business, ma siamo ancora molto lontani da una visione matura e strategica dell’identità digitale. L’80% delle grandi aziende nei settori finance, telco e utility consente di avviare e concludere la procedura di riconoscimento in remoto e, nell’80% dei casi in cui è necessaria una verifica dei dati inseriti dall’utente, effettuarla senza doversi recare allo sportello.
Le aziende stanno cominciando a integrare modalità di riconoscimento senza password o pin, sostituendole con fattori di possesso, come l’invio via sms o email con codice OTP (42% dei casi) o app per generare OTP o notifiche push (18%), ma anche fattori biometrici (solo 8% dei casi). Anche negli ambiti con maggiore maturità, però, manca un’adeguata struttura interna che presidi la gestione dell’identità digitale. E il 63% delle aziende in questi settori non ha mai valutato l’integrazione di sistemi certificati a livello nazionale, come SPID e CIE.
Le aziende hanno finora lavorato a compartimenti stagni, sviluppando sistemi non interoperabili e procedendo senza una visione di insieme. Solo il 12% sta valutando la possibilità di valorizzare il profilo identificativo dell’utente finale per abilitargli l’accesso anche ad altri servizi di terzi, in una logica di wallet. Le occasioni d’uso di SPID e CIE sono evidentemente ancora da potenziare: nonostante tutti gli interventi normativi per rendere più “appetibili” questi sistemi, a ottobre 2022 solo 141 aziende private hanno aderito a SPID e 19 a CIE, ben lontane dalla stima dell’Osservatorio di oltre 175.000 attori potenzialmente beneficiari di sistemi di riconoscimento certificati.
“L’ecosistema italiano deve lavorare per essere pronto al cambiamento portato dagli identity wallet – afferma Luca Gastaldi, Direttore dell’Osservatori Digital Identity. “È essenziale sviluppare maggiore sensibilità e consapevolezza sull’importanza di un’identità digitale interoperabile, per creare sinergie tra settori e tra contesti nazionali diversi. Parallelamente, bisogna lavorare su SPID e CIE, affinché siano pronti a un’arena competitiva allargata dalle evoluzioni normative. Delegare il presidio su asset tecnologici e dati contenuti nel wallet nelle mani di pochi attori, ci taglierebbe fuori da questo cambiamento, vanificando di fatto lo sforzo di aver creato un sistema che metta al centro l’utente e il controllo sui suoi dati, snaturando i sistemi nazionali su cui si è investito negli ultimi anni, facendo perdere la posizione nel mercato agli attori che finora hanno sviluppato servizi legati all’identità digitale”.